Dalla Brianza alla Mauritania sotto l'egida dell'Unesco
Gli occhi dell'Unesco su Arcore. Grazie alla mostra fotografica "Parole di Sabbia", organizzata in Villa Borromeo d'Adda dal 18 ottobre al 1° novembre, anche il piccolo Comune brianzolo potrà essere annoverato fra le città mondiali che hanno contribuito al salvataggio delle antiche biblioteche del deserto sahariano: progetto che ha visto muovere i primi passi nel 1996, quando l'Unesco ha inserito gli avamposti carovanieri di Chinguetti, Ouadane, Tichitt e Oualata nella lista dei beni dell'Umanità, e che l'affascinante testimonianza del documentarista Maurizio Fantoni Minnella sta contribuendo a portare all'attenzione del pubblico non solo italiano, ma anche internazionale.
La mostra ospitata ad Arcore, iniziativa dell'Associazione culturale Gaetano Osculati e dell'Associazione culturale FreeZone per la rete di collaborazione "Casa degli Esploratori", rappresenta infatti una tappa del ricco calendario di appuntamenti per sensibilizzare sul rischio mortale dell'insabbiamento delle cittadine della Mauritania. Insieme a Genova, l'amministrazione comunale è fra le prime in Italia ad aver dato voce a questo drammatico fenomeno ambientale, che a partire dagli anni della colonizzazione francese ha iniziato a guadagnare sempre più metri e sempre più spazi, a causa del trasferimento degli abitanti delle rotte carovaniere verso la costa atlantica.
Delle oltre 30 biblioteche del deserto presenti in Mauritania sino agli inizi del Novecento, nelle quali sono conservati inestimabili manoscritti in pelle di pecora risalenti anche al decimo secolo, oggi ne sopravvivono appena poche unità: i testi sono corani splendidamente miniati, ma anche trattati di astronomia, di medicina, di botanica, di diritto e filosofia, testimoni invisibili dell'incredibile ricchezza dei traffici a dorso di cammello, un tempo in grado di collegare le appendici d'Asia ai porti della tratta negriera. Fra i più preziosi, solo per fare un esempio, un volume dell'XI secolo su carta cinese in possesso della famiglia Habott, custode di oltre 1400 manoscritti a Chinguetti. Sono proprio le parole di Sid'Ahmed Ould Habott, attuale proprietario, a spiegare nel modo migliore le ragioni di tanta dedizione.
"Fonte zampillante della storia del pensiero di questa parte del mondo, tesoro di manoscritti ancora in gran parte sconosciuti, la collezione della mia biblioteca ha una portata universale perché, accanto ai classici della scienza araba, accoglie testi di sapienti venuti dall'Oriente e dimenticati dall'Islam. Strumenti preziosi che testimoniano la circolazione costante del sapere, di ogni sapere, nel grandioso teatro del Sahara".
Non sorprende, dunque, il rifiuto opposto dalle famiglie delle cittadine carovaniere all'iniziale progetto di tutela dell'Unesco: raccogliere tutti i testi sparpagliati nel Sahara in un'unica, moderna biblioteca costruita a Chinguetti o a Nuakchott, capitale della Mauritania. Quasi il taglio di un cordone ombelicale vivo da secoli e rinforzato oggi da tecnologie di preservazione a chilometro zero. Attraverso l'Ong Terre Solidali e il tour operator I Viaggi di Maurizio Levi, la lotta contro l'avanzata delle sabbie è stata presa a cuore da Maurizio Fantoni Minella, autore non solo di preziosi testi e reportage sulle radici culturali delle comunità italiane, ma anche documentarista sempre attento a dare visibilità a chi vive ai margini della storia.
Fra i tanti lavori prodotti sin dagli anni '80, e presentati nelle maggiori rassegne cinematografiche, hanno acceso ampi dibattiti "Benvenuti nel ghetto", dedicato nel 2011 alla vita dei transessuali per i vicoli oscuri di Genova e aiutati da Don Andrea Gallo, così come "Esilio, la passione secondo Lucano": una finestra sull'originalità, ma anche i rischi, dell'approccio del Comune di Riace al fenomeno immigrazione. Oltre alla mostra fotografica, il programma di Villa Borromeo d'Adda ha perciò previsto la proiezione del documentario "Libri di Sabbia" (realizzato da Fantoni Minnella poco prima dello scoppio della pandemia), ma anche un'interessante conferenza sulle prime esplorazioni italiche nell'Africa Occidentale (per la prima volta in collaborazione con la Società Geografica Italiana e il Fondo Ambiente Italiano).
Una delle finalità del progetto Casa degli Esploratori, infatti, consiste nel riscoprire le profonde radici che legano la nostra penisola alle terre più remote del globo, creando nuove opportunità di dialogo e sviluppo. L'intraprendenza di navigatori poco noti come i genovesi Ugolino e Vadino Vivaldi, scomparsi misteriosamente in una missione esplorativa a sud del Marocco nel XIII secolo, pare sia all'origine delle curiose influenze liguri nell'area del fiume Gambia; territorio successivamente raggiunto e descritto nel 1455 dall'avventuroso veneziano Alvise Cadamosto, primo a penetrare nelle aree interne del Senegal. Solo un anno più tardi sarebbe stato invece Antoniotto Usodimare, un altro genovese, a spingersi per oltre 100 chilometri lungo il Gambia, allacciando relazioni pacifiche e contribuendo a stendere le prime mappe da cui prese avvio l'epoca delle grandi scoperte.
Figure inspiegabilmente marginali, ma in nome delle quali l'Italia, e l'Arcore della Casa degli Esploratori, possono oggi lanciare ponti per risollevare l'economia dei rispettivi territori, traghettandoci a vele spiegate oltre le difficoltà dell'emergenza sanitaria.
Alberto Caspani
(articolo pubblicato su Arcorexte)