Giovanni Battista Belzoni e il tempio massonico di Padova

19.11.2014

Giovanni Battista Belzoni può finalmente sorridere. E insieme al pioniere dell'archeologia, la sua splendida città natale: Padova. Se il recente lancio di un fumetto sulla vita del primo intrepido collezionista di reperti egizi ha riavvicinato i più giovani al personaggio cui George Lucas s'ispirò per la saga cinematografica d'Indiana Jones, l'incontro fra l'associazione culturale "Gaetano Osculati" di Biassono e gli ideatori del progetto "Padova originale" ha invece inaugurato un itinerario cittadino destinato ad accogliere avventurieri da ogni angolo del mondo.

LE NUOVE VIE DEL TURISMO

Il 14 dicembre non sarà ricordato come il giorno di una semplice visita alla città veneta da parte di una delegazione di 54 appassionati di storia dell'esplorazione, bensì come pietra miliare di un nuovo modo di far turismo in Italia: "percorsi alternativi e di nicchia - ha spiegato Pietro Casetta, ideatore di 5 nuovi itinerari di Padova Originale - sono oggi sviluppati dialogando di volta in volta con quanti sono direttamente impegnati nel rilancio sociale del territorio in cui vivono: il punto di vista della programmazione diventa in tal modo più geografico che erudito o istituzionale. Prende le mosse da interessi personali ed è sempre improntato a una comunicazione accattivante, di taglio giornalistico, precisa e competente. Non eccede mai in dati inutili, ma si avvale piuttosto di nuove tecnologie di supporto e dell'appoggio strategico di agenti di viaggio prettamente locali, come appunto Delta Tour navigazione turistica".

Grazie ai gemellaggi culturali avviati in nome dei grandi esploratori italiani, località fra loro completamente slegate possono ora giovarsi di scambi turistici basati su un'identità culturale che, nell'arco di due anni, ha già unito i musei "Carlo Verri" di Biassono (Lombardia) e "Giacomo Bove" di Maranzana (Piemonte), così come il Comune di Civate (Lombardia) e Il Castello d'Albertis di Genova (Liguria), accogliendo infine nel consesso "Padova Originale" (Veneto). 

Un network destinato a crescere e a ramificarsi per tutto il Paese, ma in grado anche e soprattutto di consolidare collaborazioni internazionali, facendo leva sui legami storici intrecciati proprio dai grandi esploratori italiani nel resto del mondo. A Padova è stato così lanciato un ponte verso la piccola cittadina sul Mississipi intitolata a Belzoni, sino a oggi nota soprattutto per i suoi immensi allevamenti di pescegatto e per aver aperto la campagna antisegregazionista negli Stati Uniti dopo l'assassinio del reverendo afro-americano George Lee (1955), ma strizzando pure l'occhio a quel British Museum di Londra che tanto deve all'esploratore padovano nell'allestimento della sua collezione egizia.

IL TOUR BELZONIANO

Capitale della pittura del Trecento, per via della strabiliante Cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto, riverita meta di pellegrinaggio in nome di S. Antonio, ma sede anche del primo orto botanico al mondo dov'è ambientato il romanzo "La vergine dei veleni", Padova è forse uno dei migliori esempi urbani per comprendere in che modo la vita comunale dell'Italia medioevale abbia generato un patrimonio culturale e artistico senza eguali al mondo. Al tempo stesso, permette di far luce sul non trascurabile ruolo della massoneria ottocentesca nel processo di unificazione nazionale, cui proprio il Belzoni non fu estraneo. Caso emblematico, nonché punto di partenza dell'itinerario padovano a lui dedicato, è il rinomato Caffè Pedrocchi. Fondato nel 1772 come bottega del caffè su iniziativa dell'imprenditore bergamasco Francesco Pedrocchi, l'imponente edificio a forma di clavicembalo ottenne subito fortuna per la sua vicinanza all'Università, storico centro di elaborazione dell'Aristotelismo (grazie a figure come Pietro d'Abano e Pietro Pomponazzi), oltre che come polo d'eccellenza della ricerca medica sin dal 1222. Eppure, già al suo cospetto, lo spettatore avverte un sottile senso di straniamento: recuperando elementi neogotici ed eclettici, l'architetto veneziano Giuseppe Jappelli ne ha fatto in realtà uno dei più importanti templi massonici in Italia, all'interno del quale la borghesia illuminata italiana cospirò contro l'occupazione austriaca nel Lombardo-Veneto.

Ogni dettaglio allude a un modello di società radicalmente alternativa a quella dell'Ancien Régime e che, non a caso, vide consumarsi a Padova uno dei più eclatanti atti di proto-femminismo, a causa della prima laurea al mondo di una donna (1678): la filosofa Elena Lucrezia Cornaro Piscopia. Dalla scalinata iniziatica che, attraverso tre sale decorate coi colori della bandiera italiana (Verde, Bianca e Rossa), permette di accedere al piano interamente in oro dell'Illuminazione, alle coppie di maniglie a forma di serpente che si morde la coda (simbolo dell'uguaglianza e della necessaria interdipendenza fra i sessi), il caffè Pedrocchi si proponeva infatti come punto di ritrovo della città aperto a chiunque e a qualsiasi ora (sino al 1916), indipendentemente dai privilegi di classe. 

Non a caso, ancor oggi, la sala verde d'ingresso (da cui deriva l'espressione idiomatica "essere al verde", cioè in ristrettezze economiche) accoglie senza problemi ospiti che non possono permettersi neppure un caffè, offrendo loro un riparo caldo, confortevole, dotato di giornali e computer, in omaggio all'idea di riscatto sociale attraverso la propria educazione, piuttosto che per privilegi toccati in sorte. Pura filosofia massonica basata sui valori illuministi della Rivoluzione Francese, ma ricondotta mitologicamente a quell'Egitto arcano e misterioso che proprio il Belzoni contribuì a far riscoprire in Europa. Dai leoni esterni che omaggiano la dea Sekhmet, alle sculture di Iside al piano nobile del Caffè, passando per pitture erotiche sui soffitti o per rimandi architettonici al controverso tempio di Dendera, il caffè Pedrocchi ricapitola negli affreschi e negli allestimenti delle sue stanze le diverse epoche storiche dell'umanità: ma è forse nel bagno femminile che si coglie uno dei suoi più profondi messaggi iniziatici, là dove la figura di un uomo dalle fattezze tipiche del Belzoni solleva una tenda per contemplare il sesso femminile. Atto di riconoscimento indispensabile per ricomporre l'unità infranta dell'origine. 

DAL CIRCO ALLE PIRAMIDI

E' infatti ai tempi della sua fuga giovanile in Inghilterra che viene ricondotta l'affiliazione di Belzoni alle logge massoniche, da cui ottenne l'alto grado di "Cavaliere Templare", benché allora sbancasse il lunario al circo come "Sansone Patagonico" (era alto circa due metri), portandosi sulle spalle piramidi umane di ben dieci persone. 
Da aiuto barbiere nella bottega padovana del padre, si era improvvisato monaco a Roma per studiare idraulica, ma lì si appassionò molto più all'archeologia. Girovago per mezz'Europa, riuscì ad approdare in Egitto convincendo un emissario del pascià Mehmet Alì delle sue capacità idrauliche, ma di fronte al rifiuto di finanziare i suoi progetti, finì per trovare impiego come trasportatore di reperti per conto del console generale inglese Henry Salt. 

Fu quello l'inizio delle sue rocambolesche avventure che, fra il 1816 e il 1819, gli permisero fra l'altro di scoprire la prima tomba nella Valle dei Re - cui ne seguirono altre sette (fra cui quella di Seti I, conosciuta come la "Cappella Sistina d'Egitto") - oltre all'ingresso alla piramide di Chefren e alla leggendaria località fantasma di Berenice, tanto da suscitare la gelosia di molti suoi concorrenti e connazionali al servizio delle grandi potenze di allora: in primis, il console filofrancese Bernardino Drovetti, ma anche gli ex amici Giovanni Battista Caviglia, dissotterratore della Sfinge, e Alessandro Ricci, autore delle preziosissime illustrazioni sulle località egizie visitate a fianco di Giovanni Battista e poi riprodotte nel libro di quest'ultimo "The piramids, temples, tombs and excavations, in Egypt and Nubia" (1820). Parte dei reperti di questi viaggi, che dal punto di vista economico si rivelarono assai più dispendiosi dei vantaggi materiali agognati, sono oggi raccolti presso il Museo archeologico degli Eremitani, dove spiccano due splendide statue leontocefale della dea Sekhmet, insieme a papiri aramaici dell'isola Elefantina e a lettere autografe dell'esploratore.

Ma ancor più che la targa apposta sulla sua casa natale al civico 42 dell'omonima via, è sicuramente il medaglione in marmo scolpito nel Palazzo della Ragione a celebrare le imprese dell'avventuriero padovano: destinato a tribunale e impreziosito da un enigmatico ciclo di 300 dipinti ispirati alle influenze astrologiche sull'uomo, il più grande edificio pensile d'Italia (e, all'epoca della sua fondazione attorno al 1100, del mondo) vede il Belzoni stagliarsi sulla simbolica porta che guarda a oriente. A parte alcuni studi di settore, fra cui un'opera tematica sui suoi viaggi a cura di Alberto Silotti, il figlio di Padova gode però di maggior popolarità in Gran Bretagna che in Italia, grazie anche alla serie televisiva "Egypt", prodotta per la Bbc, e al fortunato libro di Stanley Mayes "The Great Belzoni. The Circus Strongman who discovered Egypt's Ancient Treasures". 

D'altra parte la storia è stata avara sino all'ultimo col Belzoni: lanciatosi alla scoperta di Timbuctù e delle sorgenti del fiume Niger nel 1823, pronto a cogliere l'occasione per rimettere in sesto le sue disastrate finanze, il Gigante padovano incontrò una fine prematura. 
Qualcuno sostiene fosse stato stroncato dalla dissenteria nel villaggio di Gwato, nel regno del Benin, ma già pochi anni dopo l'esploratore Francis Burton alimentò i sospetti di un suo assassinio a tradimento per avventarsi sui beni della sua spedizione. Controverso predatore di reperti e tombe, Belzoni non poteva aspettarsi destino diverso. Ma per questo straordinario personaggio, capace d'incarnare il mito romantico dell'eroe tanto glorioso quanto tormentato, è finalmente tempo di tornare a casa. 


Alberto Caspani

I CONSIGLI DI PADOVA ORIGINALE

LA MOSTRA SU "IL GRANDE BELZONI"