Italiani d'oltreoceano (Brasile)
Nello Stato di Santa Catarina, le terre degli immigrati lombardi, veneti o friulani sono ormai cartoline ingiallite di un Paese abbandonato a malincuore e ritrovato solo nell'immaginazione. Troppo corta la memoria del Belpaese per riconoscere ai propri pionieri il contributo allo sviluppo del Brasile odierno


Il ricordo si è sostituito alla memoria. Peccato tanta cieca dedizione non sia generosamente contraccambiata. Dei 180 pionieri sardi che, primi fra tutti, giunsero nel 1836 sulle rive del fiume Tijucas, fondando la "Nova Italia", da tempo le cronache hanno smesso di far parola. Infastidiva allora. Risveglia gretta vergogna oggi, dovendo ammettere che noi pure fummo immigrati dai volti sporchi, gli occhi stralunati e le dita leste. Veneti soprattutto, ma anche Lombardi e Friulani, gente che sapeva come coltivare il grano, che faceva della viticoltura un'arte eccelsa e i pregiudizi ammorbidiva con la malleabilità dei propri formaggi.

Nessuno osò dirlo; ma eravamo la seconda scelta, i bianchi di categoria "B", chiamati a schiarire e nobilitare i lineamenti di quei complessati meticci che i tedeschi aristocraticamente sprezzarono, ricevuto innanzi l'invito a insediarsi nelle verdeggianti valli dell'Itajaì. In realtà nel 1828 avevano già messo piede a Saõ Pedro d'Alcântara, ma si sarebbero dovuti attendere due decenni ancora per veder fiorire le cittadine di Blumenau, Pomerade e Joinville, rinomate non solo per le pittoresche case a graticcio o per i buffi Lederhosen, ma anche e soprattutto per l'organizzazione di un'Oktoberfest seconda solo al leggendario carnevale di Rio. Diciassette giorni trascorsi a inseguire il folkloristico choppwagen, il carro della birra alla spina, o ad addentare l'Ente mit Rot Kohl, l'anatra al cavolo rosso.



Santa Catarina è così. Trasuda sacrificio, nostalgia ed eroismo in ogni lembo del suo territorio. Non sarebbe tanto rosso il vino del Contestado, se non fosse pregno del sangue versato dai caboclo di Monge José Maria, in lotta contro le pretese del consumo e la maschera yankee della Brazil Railway Company. Per quattro anni opposero resistenza, 20mila vittime pagarono: la terra venne offesa e mortificata, la ferrovia congiunse le magnifiche e progressive sorti di San Paolo e Rio Grande do Sul. Nulla ha invece scalfito gli imperdibili gioielli coloniali della costa, lungo cui brillano Saõ Francisco Do Sul e Laguna. All'estremo porto settentrionale approdò nel 1504 il navigatore francese Binot Palmier de Gonneville, dando origine a quel che sarebbe poi diventato il terzo più antico insediamento di tutto il Brasile, nonché un tesoro sorprendentemente intatto dell'Unesco: sovrastato dalla fortezza Marechal Luz, conserva oltre 150 palazzi d'inestimabile valore, su cui svetta il candido duomo di Nossa Senhora. Risalente al 1699, è un curioso pastiche di malta a base di sabbia, calce, conchiglie ed olio di balena.

Lungo i litorali catarinensi sono infatti soliti tornare ogni anno a riprodursi capodogli giganti, avendo ormai imparato a fidarsi della benevolenza dei pescatori locali. Il mare ne rappresenta d'altra parte l'anima più profonda, a tal punto che in città trova accoglienza un museo nazionale ad esso interamente dedicato e alle sue più ingegnose imbarcazioni, unico in tutto il Brasile. Nessuna sorpresa se Amyr Klink, l'eroe della traversata dell'Antartide, abbia allora scelto di esporre proprio qui la sua gloriosa barca Paraty.

Alberto Caspani