Il rilancio dell'Italia passa per la Sardegna. Parola di Alberto Ferrero della Marmora

05.01.2021

Con l'inserimento nella Tentative List dell'Unesco, il 31 marzo 2021, l'isola può tornare al centro del Mediterraneo realizzando il disegno strategico del suo più grande esploratore e studioso, cui la Casa degli Esploratori ha dedicato una nuova missione geografica 

C'è una carta che può fare la differenza per l'Italia, nel 2021, e porta impressa l'immagine di quattro teste di mori. Nonostante l'impatto della pandemia, l'annus horribilis ormai alle spalle passerà alla storia anche per aver mobilitato l'intera Sardegna verso il riconoscimento del suo "paesaggio culturale" come Patrimonio dell'Umanità. Annuncio atteso, col cuore in gola, per il prossimo 31 marzo. Sei mesi esatti dalla data in cui è stata approvata la delibera regionale per l'istanza d'inclusione di oltre 6mila monumenti della civiltà nuragica (1600-510 a.C.) e pre-nuragica (6000?-1600 a.C.) nella Tentative List dell'Unesco, grazie al coinvolgimento di più di 200 amministrazioni comunali

"L'antico ruolo centrale dell'isola - evidenzia il testo curato da Michele Cossa, referente del Comitato promotore - emerge particolarmente dalle innumerevoli testimonianze dell'architettura della pietra che, integrandosi armoniosamente con la natura dei luoghi, originano uno straordinario paesaggio culturale, segnato da due fenomeni eclatanti, talora intersecantisi: il megalitismo, inteso nella sua accezione più ampia, vale a dire l'architettura sopra suolo della (grande) pietra; l'ipogeismo, vale a dire l'architettura ctonia, sotterranea. Il megalitismo isolano trova il suo culmine nell'età del Bronzo, con il diffondersi su tutta l'isola dell'edificio turrito noto come nuraghe, un'opera così mirabile da essere ritenuto dagli antichi greci una geniale creatura di Dedalo. La grandiosità e la straordinaria diffusione dei monumenti nuragici (oltre 6mila i siti già censiti), dando un'impronta indelebile al paesaggio sardo, fanno emergere una civiltà di grandi architetti e scultori".

Una civiltà capace di erigere nuraghi arcaici come quello di Su Mulinu di Villanovafranca, o protonuraghi con cinte megalitiche prive di torri a Frenegazu di Bortigali, ma anche nuraghi evoluti con castelli e torri tipo Arrubiu di Orroli, oltre a nuraghi trasformati in tempio a Nurdole di Oliena, via via arrivando a veri e propri villaggi nuragici, templi d'acqua isolati, grotte ad uso santuariale e funerario, tombe collettive a corridoio, absidiate e in anfratti. 

L'iniziativa gode del supporto del dipartimento di ingegneria civile, ambientale e architettura dell'Università di Cagliari (DICAAR), con il quale l'Associazione promotrice "Sardegna verso l'Unesco" ha firmato un protocollo d'intesa il 23 novembre 2020, giusto poche settimane dopo aver raccolto la disponibilità del Centro di ricerca regionale CRS4, del Distretto Aerospaziale della Sardegna (DASS) e della Fondazione Sardegna, avvalendosi inoltre dell'apporto della Fondazione "Nurnet - La rete dei Nuraghi".

Inizia un lavoro che esalta la candidatura della Sardegna per arrivare all'obiettivo che ci siamo prefissati tutti insieme: portare la nostra isola in vetta alle mete più importanti al mondo da conoscere, apprezzare e visitare attraverso il riconoscimento da parte dell'Unesco delle peculiarità storiche e culturali della nostra terra, così ben rappresentate ancora oggi dalla magnificenza dei nuraghi"

Michele Cossa, Associazione Sardegna verso l'Unesco

ECONOMIA REGIONALE DA DIVERSIFICARE

L'ufficializzazione dell'Unesco può segnare un punto di svolta decisivo per gli investimenti dello Stato italiano e dell'Unione Europea in Sardegna, che secondo l'ultimo rapporto economico del Crenos (Centro ricerche economiche nord-sud, istituito dalle università di Cagliari e Sassari) genera un Pil pari ad appena il 70% della media europea (circa 21mila euro per abitante), a causa della preponderanza di microimprese (63%) e di un export trainato principalmente dal settore petrolifero (4.7 miliardi di euro su un totale di 5.65) e dall'industria lattiero-casearia (+13% con 103.9 milioni di euro), oltre che da un turismo sempre meno stagionale, ma anche più dipendente dai flussi internazionali (tamponati con 15 milioni di euro dalle ultime misure di sostegno regionali, pari complessivamente a 221 milioni). Indipendentemente dall'esito del 31 marzo, la Sardegna ha comunque in sé una risorsa strategica ancora tutta da valorizzare. Il porto-Canale di Cagliari.

Inserito tra i progetti finanziati dalla Cassa del Mezzogiorno sin dagli anni Settanta, e ultimato solo nel 1987, mantiene una capacità di movimentazione annuale pari a 1,3 milioni di Teu (l'unità di misura che indica il numero di container caricabili), a fronte di un traffico effettivo di appena 215mila Teu. Preso atto del crollo operativo che nell'arco degli ultimi quattro anni ha sfiorato l'82%, a fine dicembre 2020 il porto è stato inserito fra le urgenze della legge di Bilancio, con impegno da parte del Governo a valutare "ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, volta a consentire e favorire la costituzione di un'agenzia portuale di transhipment, quale strumento per assicurare la continuità lavorativa per i dipendenti attualmente in Naspi, nonché la continuità operativa e il rilancio dello scalo cagliaritano nel settore dei traffici contenitori". 

CROCEVIA DEL MEDITERRANEO OCCIDENTALE

La maggior attrattività derivante dal riconoscimento internazionale del "paesaggio culturale" sardo, al pari della candidatura di Cagliari a "Capitale del verde d'Europa 2023", vanno infatti affiancate ai possibili vantaggi derivanti dagli equilibri economici e geopolitici in definizione nel Mediterraneo della Nuova Via della Seta (il cui settore occidentale, dati MedComForum2020, presenta una quota di mercato in crescita del 13%). Ironia della storia, è oggi il titanico progetto cinese a poter ridare linfa al grande sogno di Alberto Ferrero della Marmora (1789-1863), esploratore, naturalista, cartografo e uomo d'arme piemontese che in Sardegna trascorse ben 13 anni della propria vita, al punto da guadagnarsi onori pari a quelli dei fratelli Carlo Emanuele (primo aiutante in campo del re Carlo Alberto di Savoia), Alessandro (fondatore dei Bersaglieri) e Alfonso (generale in capo nella Guerra di Crimea e nelle guerre d'indipendenza italiane, oltre che presidente del consiglio dopo Cavour). Alberto viene considerato, non a torto, l'uomo che in assoluto ha più amato, percorso e studiato la Sardegna, grazie ad opere imprescindibili come "Voyage en Sardaigne" (1826) o "Itinéraire de l'île de Sardaigne" (1860), senza dimenticare il breve ma lungimirante saggio "L'Istmo di Suez e la stazione telegrafico-elettrica di Cagliari" (1856). Uno dei suoi tanti contributi sull'isola, che prende le mosse dalle grandi opere infrastrutturali attraverso cui l'Impero Britannico si proponeva all'epoca di unire le sue colonie in Africa e Asia, sfruttando i primi cavi marittimi. 

"Si concepì il disegno di raggiungere l'Africa mediante un percorso misto, terreste e marittimo, dalla Liguria fino alla Corsica e di qui, attraverso le bocche di Bonifacio, in Sardegna fino a Cagliari. Un'altra tratta sottomarina era prevista tra Capo Spartivento e Bona in Algeria. Si mirava inoltre ad avvicinare il telegrafo all'India, mediante linee terrestri da Bona verso Tunisi, Alessandria d'Egitto e di qui per Suez e oltre

Cosmo Colavito, "Il Cavo mediterraneo, l'Italia piattaforma mediterranea del telegrafo imperiale" 

(Italy on the Rimland, 2019, tomo 2, p.40) 

Lo scrupoloso studio del La Marmora sui fondali marini sardi e sulle coste a ridosso dei fiumi, fra l'altro, fornì materiale preziosissimo per le analisi di fattibilità del Canale di Suez prodotte da Luigi Negrelli e Pietro Paleocapa, i due ingegneri che diedero vita alla rivoluzionaria idrovia egiziana. Per il La Marmora, l'opera era infatti destinata a creare le condizioni ideali per la rinascita strategica della Sardegna, esattamente come suggeriscono gli odierni studi relativi alla Nuova Via della Seta.

"Chissà se un giorno - si chiedeva in Voyage en Sardaigne (1826) - a seguito dei progressi compiuti da tempo dall'Egitto moderno, il commercio dell'India orientale non prenda la rotta del Mar Rosso e di Suez! Non potrà allora la Sardegna divenire lo scalo più bello e più comodo del Mediterraneo?". Trascorsero molti anni, ma la risposta arrivò puntuale sulle pagine del saggio di La Marmora dedicato al Canale di Suez, ormai in fase di progettazione. 

Non è dunque più un vano pensiero quello che esprimevamo, sono ora sei lustri; non è più presunzione priva di fondamento, il dire che la Sardegna aumentò di valore intrinseco e che i suoi porti, i più favoriti dalla natura e dalla geografia, sieno chiamati a nuova vita

Alberto Ferrero della Marmora, "L'Istmo di Suez e la stazione telegrafico-elettrica di Cagliari", 1856

IL PIEMONTESE INNAMORATO DELLA SARDEGNA

Nato a Torino da una prestigiosa famiglia dell'aristocrazia piemontese, che trova in Filippo Ferrero della Marmora persino un viceré di Sardegna dal 1773 al 1777, Alberto riceve un'educazione moderna e liberale presso la Scuola militare di Fontainebleau, già attenta a discipline scientifiche come la geologia, la geodesia e la storia naturale. Conoscenze che renderanno il suo sguardo sulla Sardegna tanto originale, quanto acuto. Dopo aver combattuto valorosamente in alcune delle più importanti battaglie napoleoniche, venendo fatto anche prigioniero in Russia, nel 1819 il giovane piemontese ebbe la prima opportunità di recarsi a Cagliari, con l'obiettivo di dedicarsi all'ornitologia e alla caccia. La traversata dalla Liguria richiederà 12 travagliati giorni, ma al primo passo in terra sarda sarà subito colpo di fulmine.

"Mi sia permesso di aggiungere, per amor di verità, che subito dopo il mio sbarco la città "africana" si dissolse e assunse ai miei occhi una fisionomia più spagnola che genovese (...). Certo che quel giorno, quando vidi per la prima volta quegli esseri viventi, quasi tutti femminili, sospesi così nell'aria e più numerosi dei rari passanti che in via Barcellona calcavano un terribile selciato in dissesto, fui colpito dallo spettacolo per me del tutto nuovo: più giovane allora di quarant'anni, capitano dei granatieri ed ex soldato dell'impero francese, non avrei creduto di compromettere la dignità del mio grado, della mia età e dei miei precedenti, se avessi cominciato le note ornitologiche che mi disponevo a prendere sui volatili dell'Isola con osservazioni sui costumi e gli usi di quelle specie di tortorelle così appollaiate sulla mia testa" (Itinéraire de l'île de Sardaigne, 1860).

Al di là dell'avvenenza delle donne cagliaritane, la Sardegna dell'Itinéraire lascia trasparire il tipico fascino ambiguo ed eccitante della Terra Incognita - "pays presque inconnu" - e tale rimarrà davvero, almeno sino alla prima straordinaria mappatura di La Marmora nel 1845. Un "Piccolo Continente" a metà strada fra Europa ed Africa, ben più affine a quest'ultima in realtà, con strade, ponti e abitazioni dissestati, una lingua apparentemente incomprensibile, eppur pervaso di un fortissimo senso di ospitalità e ricco di ecosistemi tanto differenti, quanto meravigliosi. Non molti anni fa, in occasione dell'inaugurazione a Cagliari della mostra "Vele, tonni e scimitarre - Avventure salgariane nel mar di Sardegna" (2010), lo aveva ricordato anche l'allora assessore alla Cultura della città Giorgio Pellegrini

"L'Afrique commence ici, scriveva dalla Sardegna Honorè de Balzac a un'amica parigina nel 1838, e ancor oggi gli abitanti del nord dell'isola chiamano "maurreddinus" - mori - quelli del sud, per certe evidenti caratteristiche antropologiche arabe e africane. Resta così impigliato nella lingua e nella tradizione il segno sonoro di un rapporto antico, una relazione dettata dalla breve distanza con i Paesi del Maghreb, che vede oggi la Capitale dell'isola favorita in modo particolare come possibile centro di attrazione, capace di una serie di potenziali e interessanti interlocuzioni con quell'altra "isola" occidentale del mondo islamico nordafricano, se è vero che il toponimo Maghreb deriva dall'arabo Djazirat al Maghrib: letteralmente, l'isola del sole che tramonta". 

EUROPA E BARBARIA ALLO SPECCHIO

Se persino Emilio Salgari, cultore per eccellenza dell'avventura, riconobbe nella Sardegna il luogo più esotico dell'Occidente positivista, grazie a due romanzi meno noti come "Le pantere di Algeri" e "La pesca dei tonni", appare evidente come questa sia riuscita a conservare nei secoli peculiarità che vanno ben al di là dei suoi misteriosi nuraghi. "La mostra di Cagliari - ha osservato Giovanni Manca, partner dell'esposizione e socio delle Edizioni Condaghes - è servita a porre l'accento anche sulla funzione di crocevia e laboratorio di culture in dialogo che la Sardegna, e in particolare il suo capoluogo, continuano ad esercitare oggi, offrendo una sponda privilegiata per riportare l'Italia al centro del dibattito con i Paesi del Nord Africa; Libia, Tunisia ed Algeria in primis". Se la prima deve infatti la sua nascita come Stato moderno proprio all'organizzazione territoriale e alle infrastrutture lasciate in eredità dagli italiani, il ponte culturale che i genovesi hanno creato fra l'antico insediamento coloniale di Tabarka in Tunisia e l'isoletta enclave sarda di San Pietro, dove furono poi rilocati, è tuttora vivissimo. Nè va trascurato il ruolo mediatore di un'istituzione come la Fondazione Orestiadi di Gibellina in Sicilia, che proprio a Tunisi ha una sede di rappresentanza nel prestigioso palazzo Bach-Hamba, presso cui sono regolarmente organizzati eventi di dialogo e scambio con i maggiori talenti del Mediterraneo. Le testimonianze sulla vita dei prigionieri mori e cristiani custodite a Cagliari e ad Algeri, come suggerito dalla mostra "Vele, tonni e scimitarre", rappresentano invece un tema ancora da studiare approfonditamente per cogliere i parallelismi e le incomprensioni che caratterizzano il rapporto dell'Occidente col mondo musulmano. 

Che laggiù, al di là del luminoso orizzonte, si nascondano le galere di Culchelubi? Perché non sono qui tutti i prodi maltesi che vegliano sulla sicurezza delle isole mediterranee? Genova e Venezia gloriose, dove sono le vostre navi? San Marco e San Giorgio, avete ammainate le vostre bandiere che un giorno hanno fatto tremare Costantinopoli? Io solo contro tutti? Vincere o morire? Sia, morrò se sarà necessario, ma i mori non varcheranno le mura che difendono la mia fidanzata...

Emilio Salgari, "Le pantere di Algeri", 1903

LA CARTA CHE CAMBIO' LA GEOGRAFIA DEL MEDITERRANEO

Le basi di questa consapevolezza vanno ricercate proprio nell'opera e nella vita di Alberto Ferrero della Marmora, che portò nuovamente la Sardegna negli atlanti della conoscenza, dopo secoli di oblio e atavici pregiudizi. Tornato sull'isola nel 1821, avendola scelta come luogo di confino per via della sua sospetta adesione ai moti costituzionali del periodo, il piemontese riuscirà presto a riscattarsi agli occhi della corte sabauda, grazie soprattutto alla sua eccezionale opera cartografica, che produrrà la prima "Carta dell'isola e del Regno di Sardegna" in due fogli in scala 1:250.000, insuperata per precisione sino agli inizi del XX secolo. Ma Alberto fu molto più che un cartografo o un naturalista. Con il "Voyage" e "L'Itinéraire", originalmente scritti in francese, riportò una quantità di informazioni geografiche, geologiche, antropologiche e archeologiche, da cui nessuno studio odierno sull'isola può ancora prescindere. Si pensi alle dettagliatissime tavole sulla variazione della livrea dell'aquila del Bonelli, ad esempio, o alla raccolta di esemplari del falco della Regina, da lui dedicato alla celebre giudicessa Eleonora d'Arborea, che per prima stabilì nella Carta de Logu severe punizioni per chi maltrattasse il rapace. 

Alberto fu inoltre impegnato nell'amministrazione della Sardegna, avendo assunto nel 1840 la carica di Ispettore delle Miniere, accanto a quella di comandante della Regia scuola di Marina di Genova. Otto anni più tardi, in qualità di Luogotenente generale, divenne anche Commissario straordinario della Sardegna con pieni poteri e ivi domò con grande accortezza le rivolte anti-monarchiche. Dal 1851, ormai in pensione, occupò il ruolo di senatore in Parlamento, sostenendo con viva passione le cause della Sardegna e difendendone il territorio dai primi tentativi di speculazione, fra cui il tracciato fortemente impattante della ferrovia. Membro dei più prestigiosi istituti scientifici italiani e stranieri, come la Société de Géographie di Parigi e la Senkenbergische Naturforschuende Gesellschaft di Francoforte, si spense a Torino il 18 maggio 1863, dopo la nomina a cittadino onorario di Cagliari e la dedica di un busto per mano del grande artista ticinese Vincenzo Vela, venendo infine sepolto a Biella nella Cappella della famiglia La Marmora. 

Se la sua memoria è stata affidata a biografi ottocenteschi come il Martini, lo Sclopis, lo Spano, il Briano ed ai pochi studi scientifici su di lui condotti nel corso del Novecento, si sente oggi la necessità, e quasi l'obbligo, di recuperarne, per quanto possibile, i caratteri e le personalità riconoscendogli i risultati di quello straordinario lavoro scientifico sulla Sardegna al quale volle dedicare praticamente tutta la vita"

Aldo Accardo, Presidente Fondazione "Giuseppe Siotto"

LA MISSIONE GEOGRAFICA "ALBERTO FERRERO DELLA MARMORA"

Cogliendo l'invito della Fondazione Giuseppe Siotto e della splendida mostra "L'Esploratore innamorato", organizzata a Cagliari sotto l'amministrazione del sindaco Emilio Floris nel 2009 (in occasione del 190° anniversario dalla prima visita sull'isola di La Marmora), la Casa degli Esploratori non ha mancato di celebrare un personaggio tanto importante per la storia del nostro Paese. Lo scorso agosto, in coincidenza dei 160 anni dalla pubblicazione del libro che catapultò esploratori e viaggiatori di tutt'Europa in Sardegna (il citato "Itinéraire", edito nel 1860), è stata portata in dono una targa memoriale alla Mediateca del Mediterraneo di Cagliari, dove sono oggi custoditi alcuni dei documenti originali più preziosi di La Marmora, ma grazie alla quale viene anche promosso il dialogo interculturale col mondo arabo e africano, di cui il piemontese fu indiretto alfiere. A fianco dell'Archivio Storico e della Biblioteca generale e di Studi Sardi, che conservano una cospicua raccolta di pergamene, carte reali, codici membranacei e cartacei risalenti al Trecento, oltre ad antichi atti parlamentari sardi, nell'innovativo polo cagliaritano è infatti presente un Fondo Arabo che consta di più di 500 testi in lingua su 63mila volumi complessivi

Il gemellaggio ha segnato la tappa finale della missione esplorativa della Casa degli Esploratori, mossa da due obiettivi principali. Il primo rivolto allo studio delle risorse archeologiche più significative per l'iniziativa Unesco e le influenze d'oltremare. Il secondo, invece, è consistito nel mappare i percorsi del grande naturalista come nuovi potenziali itinerari di scoperta dell'isola, raccogliendo fra l'altro i suggerimenti dell'Università di Cagliari per il Sulcis (con un breve itinerario compreso fra Cagliari, Capo Spartivento, l'isola di Sant'Antioco, San Pietro, sino a Fluminimaggiore), del progetto di fotografia storica di Piercarlo Gabriele ("Itinerari sardi") e del periplo costiero delle 100 torri difensive, con una risalita simbolica alla vetta più alta dell'isola: Punta La Marmora (1834 metri), nel massiccio del Gennargentu. Trasportando la targa memoriale sino alla croce della cima, alla cui base potrebbe trovare collocazione una nuova copia, l'escursione ha puntato a sensibilizzare l'opinione pubblica al recupero dei ruderi del rifugio La Marmora, grazie alla collaborazione di due importanti realtà territoriali della Barbagia: la cooperativa "Impronta" di Sorgono, che promuove l'accoglienza nel Comune simbolo dell'esatto centro geografico dell'isola, e l'associazione di trekking naturalistico Exploramundo

IL CENTRO DEL CENTRO

Sorgono, infatti, non solo è considerato il punto in cui la Società Geografica Italiana ha posto la pietra miliare di equidistanza dagli estremi cardinali dell'isola, ma anche il "luogo degli inizi del Tempo". Con l'allestimento presso il Museo del Legno e dei Segni della mostra permanente "Omphalos - Il Primo Centro del Mondo", ispirata all'omonimo saggio di Sergio Frau, l'Unesco ha ora a disposizione un vero e proprio laboratorio di ricerca sulle origini della civiltà. Dopo la mostra sulla Sardegna organizzata nel 2005 presso la sede parigina dell'organizzazione culturale delle Nazioni Unite, nella quale è stata accolta con grande favore la teoria di Frau secondo cui le originarie Colonne d'Ercole del Mediterraneo sarebbero state fissate nel Canale di Sicilia anziché a Gibilterra (facendo così coincidere la Sardegna con quella "isola di Atlante" per secoli confusa con Atlantide), l'interesse per il patrimonio archeologico mappato da Alberto Ferrero della Marmora è letteralmente "schizzato alle stelle". Seguendo la dettagliatissima indagine storica di Sergio Frau, che mette in correlazione lo sviluppo della civiltà in Sardegna e nel mondo antico col mito astronomico del Mulino di Amleto, emergono ragioni convincenti circa l'ipotesi che identifica nell'isola il Centro Geografico dell'antichità, trovandosi a perfetta equidistanza fra le coste dell'America del Nord e del Giappone, lungo l'antico "equatore" terreste: quel 40° parallelo passante per il centro geografico sardo rilevato a Sorgono, ma anche e soprattutto nel cuore di un assembramento di megaliti che non ha eguali al mondo. La Sardegna di oggi, dunque, non punterebbe affatto a conquistare centralità, bensì a ripristinare quel ruolo di perno assiale che le pertiene e che avrebbe esercitato per millenni e millenni, al punto da potersi candidare a una delle possibili culle - se non a culla per eccellenza - dell'umanità.

Se misurando, e rimisurando, e rimisurando ancora, ti accorgi che c'è davvero un'Isola di Atlante che sta davvero al Centro del Mondo...se ti accorgi che spacca in due il 40° parallelo, il più sacro dell'antichità...Se sai che quell'Isola - al massimo del suo fulgore (nel 1175 a.C. attestano gli Egizi), quando aveva tutte le ricchezze possibili e 20mila torri megalitiche - è stata scorticata da un terribile maremoto che ha sepolto vivi centinaia e centinaia di nuraghi, quelli che, oramai, stai facendo conoscere grazie a un drone e alla santa, appassionata pazienza di Ettore Tronci...Se tutto - persino il cataclisma marino - sembra davvero corrispondere con quel che ti raccontano gli Antichi...beh, a un certo punto - da un certo punto in poi: da quel Punto X in poi... - i fatti coincidono con le opinioni: le tue opinioni"

Sergio Frau, Omphalos, pp. 705-6

UN NUOVO SGUARDO SULLA SARDEGNA

Provare per credere. Muovendo dall'Altare del Monte d'Accoddi, anomalo ziggurat d'impronta sumerica nei pressi di Sassari, e passando per le vicine cavità delle domus de Janas di Su Crucifissu de Mannu, via via sempre più a sud, per incrociare la geometrica perfezione del santuario lunare di Santa Cristina o i 200 menhir di Biru 'e Concas, sino alle straordinarie statue-stele di Laconi, alla tomba dei giganti di Aiodda a Nurallao, alle torri di Barumini o ai 7 colli di Cagliari e alle statue di Mont'e Prama, dubbi sulla possibilità che la maestria architettonica e metallurgica degli antichi Sardi possa essere confluita nella civiltà etrusca prima, romana poi, perpetuando il mito dell'isola felice spazzata via da un cataclisma marino, non possono che far capolino pure nelle menti più conservatrici. Nel rimettere in questione le fondamenta del nostro sapere storico, è inoltre impossibile prescindere dallo studio delle migrazioni di quella tribù di Dan di cui, da oltre vent'anni, scrive Leonardo Melis, con l'intento di chiarire i complessi intrecci fra Popoli del Mare, Shardana e Sardegna. Grazie al successo di queste opere divulgative, che hanno stimolato un acceso confronto con le istituzioni tradizionali di ricerca e conservazione, l'Unesco dispone oggi di nuovi e molteplici elementi per considerare l'isola un'imprescindibile culla dell'umanità. 

Superati gli impedimenti imposti dalla pandemia, la Casa degli Esploratori sarà perciò in prima linea nel contribuire all'allestimento di un percorso culturale che, relativamente all'isola mediterranea, consenta di maturare uno sguardo quanto più articolato e trasversale possibile: uno sguardo che unisca i contributi di Alberto Ferrero della Marmora con le testimonianze più arcaiche sul possibile "ombelico del mondo", ma anche con le parole di testimoni d'eccezione come Emilio Salgari o inaspettati esploratori che, proprio in Sardegna, hanno trovato quel senso di selvaggia libertà soffocato dall'Italia continentale. Basti il nome di Luigi Maria D'Albertis, genovese spintosi sino al cuore nero di Papua, per poi spendere i suoi ultimi anni a Sassari, recentemente riscoperto dal Centro "Giovanni Lilliu" di Barumini grazie alla mostra "L'esploratore ritrovato - Nella Sardegna di fine '800".

In previsione del possibile inserimento dell'isola nella lista Unesco, la Casa degli Esploratori ha già provveduto ad allacciare contatti con esponenti culturali di ben quattro regioni italiane (Sardegna, Liguria, Piemonte e Lombardia), ponendo le basi per celebrare, una volta ancora, quell'insopprimibile anelito all'esplorazione che scaturì nel cuore del Mediterraneo sin dalla notte dei tempi. 

Parola di Alberto Ferrero della Marmora.      

Alberto Caspani

Dimostreremo come i rapporti commerciali della Sardegna abbiano sempre variato ogni qual volta un lato della costa dell'isola veniva posto in comunicazione più diretta col popolo dominatore. Al pari di una nave, ancorata in vasta rada, che va sporgendo a vicenda la sua prora al vento dominante, l'isola vide successivamente prosperare o venire in meno, ed anche scomparire, quei paesi del suo littorale, che, per le vicende politiche, venivano ad essere più o meno in contatto immediato col punto del continente ove stava la sede del governo imperante"

Alberto Ferrero della Marmora, "L'Istmo di Suez e la stazione telegrafico-elettrica di Cagliari", 1856, pp. 3-4

"L'Esploratore innamorato" 

video dell'inaugurazione della mostra a Iglesias

Tributo ad Alberto Ferrero della Marmora da parte della Brigata Sassari